Città di confine, e come tale piena di fascino.

Non si può definire come la sorella speculare di New York. Lisbona non riflette minimamente la cultura ed i costumi dell’altra parte dell’oceano, anzi, porta con se come un vestito sfarzoso e pieno di dettagli, un turbine di colori, ricami e passioni che condensano la cultura ed il sentimento mediterraneo ed europeo in un solo luogo.

Ed è questo suo essere adagiata su sette colli (si, anche come Roma ma non solo) che la rende sensuale e passionale, intrinsecamente narratrice di fatiche e sentimenti languidi, alternati da sorrisi accoglienti. Questo almeno quello che è arrivato a me.
Per tutto il viaggio ho provato a associarla ad altre città che conoscevo, a Genova viene spontaneo, a Napoli per i vicoletti e certi scorci, a Palermo per certe note drammatiche, addirittura a Casablanca a tratti, ma no, ogni paragone non reggeva e mi rendevo conto che c’era solo qualche briciola di quell’analogia che evocavo.


Da visitare assolutamente e, cosa strana, facile da vivere. Intendo che la quasi totale assenza di centri commerciali in città, la radicatezza di botteghe di commercio specifico (la merceria, il negozio del caffè, l’alimentari, il corniciaio ecc…) ne fanno un luogo famigliare, confidenziale, poco imbellettato per i turisti e molto genuino. Intuire il quotidiano di un abitante di Lisbona appare semplice davvero.


Per vivere queste energie, per essere al centro di tutto e quindi facilmente collegato alla maggior parte dei luoghi d’interesse, c’è una piccola area dove si ha la sensazione che si condensi il bel vivere.

Un quartiere residenziale, decisamente chic, Barrio Alto, nella sua miglior espressione, cioè nel mezzo del Jardim do Principe Real. Fra un parco pubblico del il giardino suddetto, con un accesso dalla strada che divide queste due aree verdi, l’accesso è nascosto sotto forma di portone, anonimo, come se si andasse a trovare un amico.


Attenzione, non è un posto di lusso nel senso opulento e sfarzoso del termine. E’ più come affittare la casa bella di un amico, ha un’intimità e a tratti delle piccole imprecisioni di servizio che sono il vero valore aggiunto del posto.

L’accoglienza è decisamente ospitale, nella piccola reception si viene accolti da un bicchier d’acqua aromatizzata (che si vede in tanti hotel per fortuna) o in alternativa da un bicchierino di Porto, un po come il cordialino che mi dava mia nonna quando per andarla a trovare dovevo fare tre ore di macchina e quindi all’arrivo ci doveva essere qualcosa che tirasse un po su…


La camera è splendida, davvero grande, comoda, con alternanza di colori scuri e chiari, un soffitto stuccato che mi ricorda esattamente dove sono, delle comodità da luogo d’eccellenza, e tutta le netta percezione che la privacy sarà regina durante questo soggiorno.

Tanto può venir voglia di rimanere a guardare il mondo scorrere fuori dalle ampie finestre della camera, come un osservatore invisibile, quanto invece vale la pena uscire e mescolarsi a quel soave fluire di persone variamente indaffarate.

A Lisbona sono riuscito a prendere un chilo in tre giorni, quindi non posso che sottolineare quanto sia bello concedersi delle gratifiche alimentari nella terra del baccalà, delle salsicce, delle grigliate e degli stufati.

Un luogo garbato, per sobria eleganza ed offerta gastronomica ricercata ma non pirotecnica, è Maria do Carmo, situato a meno di dieci minuti a piedi dall’Hotel, in rua da Oliveira ao Carmo al n.1, facente parte di un’Hotel ma dotato di ingresso proprio. Il menù è tradizionale, il personale molto cordiale, e qualche sera la settimana si può ascoltare una cantante di Fado (genere musicale locale che personalmente mi strugge il cuore almeno per i primi 20 minuti, poi in un calare molto rapido inizia a stufarmi) senza avere la sensazione di essere in un luogo per turisti allocchi.

Se Casa Olivier è in cima ad un colle; è facile capire che ovunque andiate avrete una bella e probabilmente irta discesa che vi faciliterà. Il ritorno, come ovvio, sarà una prova di quanto siate ancora atletici, di quanto vi siate lasciati andare ad una cena più golosa di quanto avreste dovuto, di quanto sia meraviglioso Uber (che qui funziona meravigliosamente) pronto a venire a soccorrervi per pochissimi euro. Si, perchè se spostarsi per l’intricata rete di vicoli è cosa difficile anche per Google Maps, e affidata prevalentemente ai tram che grazie alle rotaie non hanno paura di perdersi. 

E proprio salendo affannosamente sulla strada del ritorno, sfida che qualche volta ho deciso di affrontare, mi sono chiesto quale sarebbe stato il sentimento di fare la stessa salita, sui marciapiedi di liscissima pietra bianca, in caso di pioggia. Ed ancora una volta ho provato ad immaginarmi il quotidiano di chi vive qui, fra la fatica propria e quella dei tram, capaci di arrampicarsi sui binari in salita ma probabilmente anche loro in difficoltà in caso di pioggia, ed i marciapiedi scivolosi, i vicoli stretti e… ho sentito quel sentimento languido e generosamente arrendevole proprio del Fado, ben lontano dall’essere qualcosa di triste, ma solo la secolare consapevolezza di essere davanti all’Oceano, sotto un cielo comune a tutti, vicini gli uni agli altri in ogni stato d’animo, dicendo tutto senza la necessità di aprire bocca.

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