Sono stato quattro o cinque volte a Venezia, eppure ogni volta che ci torno ne scopro un pezzetto che mi fa pensare di non averla mai vista prima, almeno non averla vista davvero.

Questa volta sono stato per visitare il Luna Baglioni Hotel, uno degli Hotel di riferimento della catena, situato in un luogo fra i più prestigiosi di Venezia. Ha due ingressi, uno d’acqua, su un canale, di traverso al canale della Giudecca per pochissimi metri, un’altro “pericoloso per le mogli” (come dice il Direttore) perchè si affaccia sulla via più chic per lo shopping, fra Cucinelli, Hermes, Ferragamo e vari altri.

Novantuno camere, non pochissime, tanto più per Venezia, anche perchè i metri quadri a disposizione sono mediamente sopra la norma, donando quel respiro che può mancare anche in strutture importanti; normale nella città dove le superfici sono importantissime, devono rendere economicamente, sempre, perchè ogni luogo deve essere fonte di reddito. Si sente, si percepisce in ogni dove di Venezia questo imperativo capitalistico, snaturante, spesso villano, che ha portato alcuni ristoratori veneziani ad arruolare persino i cingalesi con il compito di presentare i menù fuori dai ristoranti, svilendo anche l’ultimo baluardo di simpatia italiana… ottimizzare il rapporto costi benefici a discapito di ogni amor di lavoro. Ecco, a Venezia finisce talvolta con il diventar forma di degrado.

Ma torniamo all’albergo, isola felice rispetto alle aree più turistiche, tutto marmi e colori soavi, perfetto e garbato esempio di carattere veneziano in ogni dettaglio. Ogni lampada e lampadario è della zona, da Burano ad altre manifatture locali di non minor prestigio. I drappeggi sono sempre nobili e festosi, ridondanti di velluti rasi e sete, quasi si volesse stordire l’ospite nella voluttuosità degli arredi e dei finimenti.

IMG_6815Ecco, entro in camera e ripenso al carnevale, per quell’amore delle rifiniture un po’ europeo ed un po’ orientale, che solo qui a Venezia trova una commistione così garbata ed elegante. Mi sembra quasi l’ingresso alle camere sia permesso solo ad uomini e donne in vestito d’epoca, pronti a denudarsi slacciando busti e svestendosi di massicce parrucche.

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A proposito, il Luna Hotel Baglioni, che evoca sovente quest’atmosfera, si impegna a celebrare il carnevale come si conviene. Pertanto lo segnalo, sulla fiducia, visto che non ho partecipato alla sua festa di carnevale, ma mi è stata raccontata in ciò che sarà.

Per il martedì grasso è prevista una festa di respiro internazionale, dove gli ospiti dell’Hotel potranno mescolarsi ad invitati “amici” dell’hotel, con maschere tradizionali (che l’hotel mette a disposizione dei clienti tramite un’Artigiana locale) ed altre più “trasgressive”, con aperitivo, cena e balli fino a notte fonda, in una location che (per gioia o per incanto della fantasia) ho visto disadorna a causa del restauro del pavimento, che però promette benissimo, infatti ho pensato subito (prima che mi dicessero qualcosa) che sarebbe stata una sala da ballo perfetta.

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Se capitate fuori dal carnevale il must delle serate è a base di “Spritz e ciccehtti”, ovvero Spritz (non spiego cosa siano per motivi di ovvietà) e tartine (o comunque monoporzioni) da spiluccare per reggere meglio gli spritz. Qualche curiosità che forse qualcuno non sa. Lo Spritz è una bevanda di origine austriaca, che prevede di allungare con l’acqua (magari gassata) ed il limone il vino bianco considerato “troppo robusto”. A Venezia si beve con l’aggiunta di Aperol, o Select o anche Campari. Altra spigolatura degna di nota è che lo Spritz ha un prezzo nazional-popolare, a garantire che proprio tutti possano goderne. Nella città di Casanova il drink arancione va dai 2 ai 4 auro, anche nei posti più compunti, ed i cicchetti sono quasi sempre a buon mercato. Ne consegue che è facile fare cene, ma anche pranzi, merende e persino colazioni a base di spritz e cicchetti, come del resto i veneziani sono avvezzi a fare.

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Se poi si vuol mantenere uno stile sobrio o non si ha voglia di buttarsi in mezzo alla calca dei turisti si può mangiare all’interno dell Hotel, curato dallo Chef Cosimo Giampaolo, in un ambiente sempre molto suggestivo, con una scelta di piatti della cucina mediterranea, preparati per un pubblico prevalentemente internazionale senza però scivolare fuori dai dogmi della vera cucina mediterranea.

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La cucina veneziana ha un sacco di prodotti tipici, spesso a chilometri zero, come i carciofi “castrati” (ovvero quelli particolarmente piccoli e prelibati), piuttosto che i gamberetti grigi e piccolissimi che, come sempre accade, da piatto povero son diventati prelibatezza. E poi la pasta fresca, i pesci dell’adriatico e quanto si concerne ad un ristorante di ampio respiro. La scelta dei vini è potenzialmente ampia, ma come non godere dei prodotti locali, spaziando dai bianchi chardonnay ai prosecchi e a ciò che ne consegue.

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Ecco, nel clima di opulenza poco sobria proprio di Venezia mi vien da pensare agli eccessi, tutti, da quelli della tavola a quelli del letto, per finire con il giustificare così quel lieve senso di decadenza che si respira sempre e comunque, un po’ come a Palermo seppur a distanza di mille e più chilometri, dove il troppo godimento lascia dei postumi che forse non si smaltiscono mai del tutto.

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