Prendete uno dei più importanti e prestigiosi brand dell’hotellerie ed il suo know-how, un investitore con sconfinate disponibilità che è concentrato più sul pregio dell’opera che sulla redditività effettiva, una importante fetta di montagna carrarina sapientemente tagliata, lucidata e messa in opera, l’approccio tutto francese alla pasticceria ed alla parte food in generale ed eccolo qua, l’Hotel è fatto, a misura d’Arabo in terra araba.
Siamo a Dubai, destinazione metafisica, i cui contorni si modificano in modo ininterrotto non a causa di qualche droga psichedelica, ma per l’operosità e l’ingegno di innumerevoli squadre di costruzione intente in una costante opera di ampliamento della città.
L’ingresso si prospetta da un viale circondato di fiori. E se da fuori l’opera può apparire maestosa è la hall che regala il sospiro più lungo, con due imperiose scale di marmo di carrara disposte ad ali. Ad arredare ci sono persino gli ospiti, in maggioranza arabi, avvolti nei loro immacolati abiti tradizionali, cadenzati dal passo fiero ed elegante.
La luce regna sovrana, permettendo di godere dei riflessi delle massicce finiture d’oro presenti nelle ringhiere.
Gia da questo primo colpo d’occhio mi accorgo di come negli ultimi 7 anni (dalla mia prima visita a Dubai) il senso estetico si sia modificato, sia cresciuto (a mio parere), avvicinandosi a quello occidentale, abbandonando i colori ipersaturi che avevo trovato al Burj al Arab.
Anche le camere seguono questo nuovo stile, capace di mantenere un’identità araba attraverso i colori più naturali del deserto, del legno e le finiture in pelle. La Royal Suite si sviluppa su poco meno di 400mq., con una bella sala da pranzo, un ottimo salotto ed una camera da letto a modo suo sobria.
I bagni sono importanti, ampi, rigorosamente in marmo, con vasche massicce. E’ la mia mente deviata che mi fa immaginare un fiotto di sangue rosso a interrompere questo bianco, ideale per la scena di un film in cui qualcuno viene ucciso in vasca.
Per tornare a pensieri vitali e positivi niente di meglio che un tuffo in piscina, posta sul tetto, stretta e lunga, mossa da tre anse che seguono il percorso del muro. Mi sono chiesto per qualche minuto quale fosse il senso di fare una piscina accostata ad un muro che non è necessario su un tetto, impedendo di godere dell’ampia vista circostante; poi mi sono dato due spiegazioni. Il muro copre da sguardi indiscreti e sopratutto dal sole, che per quasi tutto l’anno picchia duro alzando la colonnina di mercurio ben sopra i quaranta gradi.
E il momento di scendere ad uno dei ristoranti. Quello che ho fotografato, ovviamente, è la steak house, dai colori maschili e netti. Peccato non aver potuto affondare i denti in uno dei piatti che servono.
Sono presenti anche una champagneria, un altro ristorante ed una zona pasticceria e dolci dove avviene la colazione, esperienza assolutamente indimenticabile.
In tutta questa abbondanza di splendore la ricchezza più grande l’ho trovata nel personale, più che all’altezza del posto. Non tanto per il maggiordomo (di cui non ho mai apprezzato veramente i servizi) quanto dello staf della Hall sempre impeccabile e preparato a qualsiasi esigenza dell’ospite.
Se guardando la struttura da fuori notate un massiccio grattacelo in costruzone alle spalle beh, non allarmatevi, si tratta di un W Hotel (sempre Starwood Hotel), solo apparentemente in costruzione, sarà incredibilmente pronto (e ci credo) per metà aprile. Tutto introno all’Hotel non spicca un paesaggio meritevole, ma anche qui pare sia solo questione di tempo… ho persino sentito parlare del progetto per portare il mare con un canale. Magari la prossima volta invece che scendere da un taxi scenderò da un motoscafo.